La moda del vino si è diffusa moltissimo in questi ultimi anni, ma da qui a saperne davvero qualcosa, il passo non è breve. Per cui, anche senza essere un sommelier diplomato, è facile trovarsi, al ristorante, a scegliere il vino per tutti.
“Fai tu che ci capisci”.
Per affrontare con successo questa delicata operazione, chi vi scrive, visto che gli capita abbastanza spesso, ha affinato nel tempo una sorta di procedura, un protocollo del governo democratico della scelta del vino. Intanto si prende nota mentalmente dell’andazzo delle ordinazioni. Quindi, ricevuto l’incarico, si finge di ignorarle per effettuare una sorta di pre-sondaggio sulle inclinazioni generali dei commensali: “allora, datemi un brief: rosso, bianco, bollicine...?” L’esito più frequente, se non siete a una classica cena d’estate a base di pesce, è “Rosso, rosso!” “Ah, io solo rosso”.
A questo punto voi, che sapevate già la solfa, cercherete di stringere ulteriormente il campo: “Rosso importante, strutturato o più leggero?” Soprattutto se ci sono donne, vi seguiranno sul “più leggero”, magari con la richiesta finale da parte di un maschio orgoglioso del tipo “Dai, una via di mezzo...” Se invece siete alla cena estiva di cui sopra, la risposta avrà quasi un tono scandalizzato “Va beh, ma bianco, no?”.
Come dire, non stai partendo benissimo se fai ‘ste domande. Nel caso del rosso, a questo punto, avete vita facile: piazzatevi serenamente tra la Lombardia e, come si diceva ai tempi, le Tre Venezie, non tralasciando un commento che vi farà guadagnare una reputazione stratosferica: “Allora andrei sui vini d’altitudine, che a causa del riscaldamento globale, hanno guadagnato quel grado, grado e mezzo, che li rende proprio la giusta via di mezzo!” Li avete stesi. Adesso nessuno oserà contraddirvi. Ma voi volete vincere, non stravincere. Perciò tornate a loro, per condividere la scelta finale. “Vi propongo una short-list...”. Naturalmente se al tavolo ci sono dei cinefili o dei patiti del Grande Fratello (speriamo per voi, più i primi dei secondi), potete sostituire short-list con nomination.
Le nomination saranno due vini scelti a vostra simpatia tra i seguenti: Sassella di Valtellina (l’Inferno è un po’ demodé), Schioppettino e Refosco friulani, Pinot Nero (occhio alla gradazione, alcuni sono tosti!) e Lagrein alto-atesini. Eventualmente, scendendo di altitudine ma non di latitudine, Curtefranca (Lombardia-Franciacorta) e Valpolicella. Il gioco è fatto: seguite l’orientamento e confermate al sommelier, verificando che l’età del vino non sia minore di due o maggiore di cinque anni: con meno di 40 euro (cioè meno di 7 euro a testa, se siete in sei) i vostri amici berranno bene e voi avrete rafforzato la vostra reputazione di esperto e di galantuomo. Che di questi tempi, non è proprio una banalità.
Certo: una cena perfetta dipende dalla qualità del cibo, ma anche da quella del vino e dai giusti passaggi palatali e olfattivi che devono armoniosamente rimbalzare fra gli uni e gli altri.
Ecco allora l’idea di proporvi una selezione di sei bottiglie capaci di accompagnare voi e i vostri ospiti attraverso una cena idealmente completa, dall’antipasto al dolce, per un prezzo complessivo più che ragionevole, cioè sotto i 70 euro.
Partiamo perciò con una bollicina ottima e che non se la tira: un Prosecco Superiore di Orestiadi, azienda siciliana che, come secondo amore dopo la sua terra, ha proprio il Veneto e, in particolare, il magico enclave trevigiano del Prosecco. Lui sta bene con antipasti di terra e di mare e fa partire la cena col giusto brio.
Per chi preferisce un bianco fermo, o considera la bollicina un preambolo da aperitivo, abbiamo scelto un Roero Arneis, unico vitigno autoctono piemontese a bacca bianca, nell’interpretazione del bravissimo Maccagno: soffermatevi sul tipico retrogusto amaro che sta rendendo questo vino sempre più popolare, in tutto il mondo.
Ed eccoci alla pasta, o al risotto, che vi proponiamo di accompagnare con un Chianti eccezionale, scovato a Montepulciano, in una piccola azienda-gioiello che cura i suoi due ettari con la stessa cura delle due gemelline giunte da poco a rallegrare la grande famiglia di Saverio Roberti, avvocato e vignaiolo.
E adesso, per la carne, lo so, state aspettando un grande rosso. Noi, invece, ve ne offriamo due, perché anche onorando il classico, Viniamo ama farvi scoprire qualcosa di nuovo.
Ecco allora un Nebbiolo langarolo dotato dell’essenza e del carisma del leggendario vitigno e della sua mitica area d’elezione. Però, quel diavolo di Manuel Marinacci ci ha messo la coda, aggiungendo una dose di Freisa che regala al suo Tango ulteriori patrimoni di aromi e di morbidezza. Occhio, che con quel prezzo, il Tango ha buone chance di diventare il vostro rosso quotidiano. A chi scrive è successo!
Se invece lo diventerà il Sagrantino di Montefalco Scacciadiavoli, allora complimenti, perché questo è l’unico vino dei sei a toccare i venti euro. Tutti ampiamente meritati, grazie a una materia prima di partenza di eccelsa qualità (il Sagrantino è uva rarissima, presente solo in Umbria, e di straordinaria potenza naturale) e ad un accuratissimo lavoro in cantina (16 mesi in barrique di primo vino).
Dolce col dolce, naturalmente. E niente di meglio di un Moscato che con la sua fresca aromaticità vi farà concludere in bellezza. Ma anche qui, niente di scontato (se non nel prezzo): questo di La Costa è un Moscato giallo dei Colli Euganei di cui noi di Viniamo ci siamo innamorati al primo assaggio, immedesimandoci per qualche sorso nel sommo Petrarca, che in quel paradiso di verde e di vigna decise di spendere gli ultimi anni della sua vita.
E’ autunno, siete tre coppie, tutti hanno ordinato il cibo e adesso tocca a voi. Qualche consiglio?
Fase uno: rivolgetevi alle donne (è educato e conferma al convivio che ci sapete fare). “Allora ragazze, vi piacciono i bianchi aromatici?” Al 90% ci avete beccato: le donne hanno un debole per i vini aromatici. Ma quando i vostri amici stanno già pensando “Va beh, così son capace anch’io”, voi assestate il ko. “Per te che hai preso il tartufo con l’uovo, vedo bene un Gewurtztraminer che con i suoi sentori primari tiene testa agli aromi del tuo piatto, ma per te che lo metti sui tagliolini ci vuole un semi-aromatico di struttura, direi un Lagrein, così sono contenti anche i ragazzi che vogliono il rosso”.
Lo schema non lascia spazio a repliche e rivela, in due parole, una cultura scioccante. Ma se vi chiedono approfondimenti, o se i piatti non sono quelli previsti dall’esempio, eccovi un altro paio di dritte.
I vini aromatici sono quelli in cui si sentono ancora i profumi originari del vitigno, fornito per natura di aromi forti e stabili. Quelli veri sono solo quattro: Gewurtztraminer, Brachetto, Moscato e le varie Malvasie. Vanno bene su cibi dotati a loro volta di aromi importanti , in modo che nessuno dei due, tra cibo e vino, sparisca dalla scena dei vostri sensi. Perciò, a parte i dolci, a cui abbinerete moscato o brachetto, vanno bene: dal mare, crostacei, molluschi, ostriche. Dalla terra: fois gras, funghi, certe verdure, formaggi di capra, tartufi.
Il limite degli aromatici è la scarsa struttura, la fisicità. Per questo se il cibo, oltre ad essere profumato, è strutturalmente forte (l’esempio del tagliolino invece dell’uovo), gli va abbinato un vino che può essere semi-aromatico (come uno Chardonnay, un Riesling o un Lagrein) ma avere anche le spalle larghe dovute alla combinazione tra vitigno e invecchiamento. Se poi qualcuno dei vostri amici, insiste con le Langhe perché fanno tanto terroir con il tartufo bianco, toglietevi il cappello e concedete alla compagnia la gioia di un Nebbiolo purosangue. Ma occhio al prezzo: se mantiene il nome Nebbiolo, costerà da metà a un decimo della stessa uva promossa a Barolo o Barbaresco dal legno, dagli anni e, naturalmente, dalla cura e dall’abilità del vignaiolo.